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1 maggio 2022 - III di Pasqua
Giovanni 8,12-19

1. L'obiezione dei farisei

La seconda parte dell’ottavo capitolo del Vangelo di Giovanni raccoglie una serie di controversie che hanno come punto di partenza l’auto rivelazione di Gesù "Io sono la luce del mondo"; essa è manifestata sempre durante la festa delle Capanne, probabilmente nel momento in cui erano accesi dei grandi lampioni nei cortili del tempio. Oltre all’acqua di Siloe, infatti, anche la luce era uno dei simboli caratteristici di tale ricorrenza, e per questo a sera si accendevano grandi falò e lampade che illuminavano la notte di Gerusalemme.

L’obiezione dei farisei è che Gesù rende testimonianza a se stesso e non a Jahvè, come dovrebbe fare ogni vero semita osservante della legge, e quindi essa non può essere veritiera, ma è addirittura blasfema.

2. La risposta di Gesù

Il Maestro riassume in modo lapidario il perché della sua vita terrena: Egli viene dal Padre e, dopo aver completato la sua missione, ritornerà al Padre.

La sua testimonianza, quindi, è vera perché Egli sa da dove viene e dove andrà; una realtà che i suoi avversari non possono comprendere in quanto ancora legati a pregiudizi terreni (la carne) e privi dell’illuminazione dello Spirito.

Di tutto questo, come prevede la legge donata a Mosè sul monte sacro, ci sono due testimoni: Gesù stesso e il Padre; una verità che, purtroppo, i farisei ignorano perché non conoscono o, meglio, non vogliono conoscere né il Padre né il Figlio.

Giovanni segnala con ironia l’incomprensione degli interlocutori di Gesù che confondono il Padre divino con la semplice paternità umana.

3. Gesù-luce per un nuovo esodo

In questo clima di incomprensione l’ostilità crescente è incapace, comunque, di “fermare” la parola e l’opera di Gesù che prosegue nella sua rivelazione “perché non era ancora giunta la sua ora”, in altre parole il momento decisivo della sua morte e della sua glorificazione.

Nel Vangelo di Giovanni sono presenti diverse auto rivelazioni di Gesù, e l’immagine della luce è sicuramente una delle più espressive; la luce, nell’Antico Testamento, era riferita esclusivamente a Dio oppure al Messia che da sempre gli ebrei attendevano, e quella di Gesù, che si definisce “la luce del mondo” in un luogo (il tempio) e durante una festa particolare (delle Capanne), acquista un significato particolare. 

La luce nel tempio, infatti, rappresentava la presenza di Dio e ricordava la nube luminosa del deserto durante la fuga dall’Egitto. Quindi in Gesù, nuovo tempio, “abita” la Divinità in tutta la sua pienezza; Egli è la presenza luminosa di Dio che guida ogni credente verso la vera libertà in un nuovo meraviglioso esodo. Solo se illuminato dalla luce di Cristo l’uomo di oggi, che sembra aver perso ogni senso del peccato, può ritrovare la strada della salvezza e abbandonare quella del dubbio e dello sconforto.

L’unica vera luce è Cristo, e il dovere di ogni cristiano è di non nascondere questa luce, ma di farla brillare attraverso la diffusione del messaggio cristiano e la testimonianza della propria vita, ed essere così luce riflessa di quella divina; non è possibile sfuggire a questa realtà, perché da una parte è il Regno di Dio, dall’altra la perdizione.


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